Il grigiore autunale di questi giorni, mi ha conciliato la lettura del Marcovaldo di Calvino.
Libro che in principio mi è stato un pò sofferto, e dalla lettura assai discontinua, per la sua natura ad episodi, e a poche decine di pagine dall'inizio, ero quasi determinata a lasciare perdere, ma la mia pigra perseveranza (conosciuta anche come forza di inerzia) è stata premiata.
La prima impressione che ho avuto è stata che, Marcovaldo, fosse uno scemo, un povero cretino; quanta superficialità in questa analisi!
Il buon manovale, è un romantico, un sognatore. A lui basta poco, anche solo il pensiero di una vita semplice, o la visione di un fungo o di un animale. Suo malgrado si trova prigioniero di una cella senza sbarre e dall'ambiente sintetico (la città industriale), dove i sogni non servono a sfamare la numerosa famiglia e a pagare i conti.
Quindi, caro Marcovaldo, mi voglio scusare con te, per essere stata troppo intransigente e razionalista, ma soprattutto perchè, mi hai fatto ricordare che, anche in me c'è una piccola parte del mondo che continui a sognare.
No comments:
Post a Comment