Friday, April 17, 2009
Serravalle di Chienti - 1998
Nel settembre del '97 un terremoto sconvolse la vita di migliaia di persone, che abitavano tra le Marche e l'Umbria, lo slancio umanitario e l'abbraccio solidale degli italiani, anche quella volta, non tardò ad arrivare.
Durante le vacanze di Natale del '97, io e la mia compagnia scout (CNGEI Milano2 "Sephiro" e i nostri gemellini del Milano9 "Zefiro") prestammo servizio come volontari della protezione civile nel campo di Serravalle di Chienti. Partimmo da Milano il 27 dicembre, per farvi ritorno il 7 gennaio.
Con noi molti altri volontari, uomini della CRI (Croce Rossa Italiana), altre compagnie scout, semplici cittadini, che facevano del loro meglio per aiutare.
Le giornate erano lunghe e il lavoro era faticoso, ci si svegliava presto, alle 6.00 del mattino quando il sole, che in quella maledetta conca si affacciava timido per un paio d'ore, non era ancora sorto. Giornalmente ci venivano assegnati i compiti, che erano tutti di natura logistica, visto che nessuno di noi era addestrato per affrontare situazioni del genere. Tra le varie mansioni mi toccò pulire i bagni del campo, scaricare enormi e pesantissimi cartoni, che arrivavano a pesare anche 20 kg, con derrate alimentari, pulire le roulotte dell'accampamento, distribuire pacchi di cibo agli sfollati, pulire i tavoli della tenda/sala comune, fare il giro dei paesi vicini per distribuire i pasti caldi agli altri accampamenti, sbrinare i parabrezza dei mezzi di servizio.
La nostra compagnia alloggiava nelle tendone blu della protezione civile, non certo un albergo a quattro stelle. Al loro interno c'era giusto lo spazio per otto brandine, su cui erano adagiati i nostri sacchi a pelo e le coperte di lana pesante della CRI, e un paio di stufette elettrice, fondamentali per contrastare i freddo umido e pungente tipico di quel periodo dell'anno. Era bello addormentarsi la sera stravolti di fatica, ma con la consapevolezza che il tuo lavoro era, seppur banale e per nulla eroico, di conforto per la vita di quelle persone che si trovavano in una situazione di disagio.
Stringere amicizie con gli altri volontari in quella situazione era naturale come respirare l'aria, così nei rari momenti di riposo ci si trovava tutti insieme per ridere, cantare, giocare a pallone, ed essere felici anche se ci avevano le ossa a pezzi e si era coperti di fango fin sopra i capelli.
Dieci giorni più tardi la nostra avventura era giunta al termine. Ci salutammo tra le lacrime di commozione, per tutto quello che avevamo condiviso, e gli immancabili scambi di telefono e indirizzi, quando ancora la parola e-mail era solo una presenza volatile e sconosciuta nell'aria.
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